Se dico Sabrina Ferrero forse non tutti capiranno, ma se dico Burabacio sicuramente otterrò due reazioni diverse, quindi si mettano a destra i piemontesi che hanno capito “scarabocchio”, a sinistra quelli che hanno capito di che meraviglie andrò a parlare, in mezzo chi ha capito tutto e basta. Se rimane qualche meridionale che non conosce la splendida illustratrice.. Beh, si metta comodo perché sta per entrare in un mondo fantastico.
Ciao Sabrina!
Iniziamo dalle basi, dacci qualche dato:
Di dove sei, quanti anni hai, cosa hai studiato e perché.
Ciao Virginia, ciao Virgola!
Grazie perché mi ospitate nel vostro bel sito.
Sono di Torino, abito a Perugia da un decennio, ho (sig) 34 anni e ho studiato grafica pubblicitaria. La scelta dell’indirizzo grafico è stato innanzitutto per un motivo di “piedi per terra”, ho pensato che mi avrebbe permesso di lavorare più facilmente. Io in realtà volevo semplicemente disegnare. Poi, col passare del tempo ho scoperto che la grafica mi piaceva ma non ho mai abbandonato il mio amore per il disegno. Mi ha aiutato molto studiare e lavorare come grafico, quando disegno voglio sempre comunicare qualcosa agli altri, non lo faccio per me sola, quindi è necessario saper arrivare a chi ti legge, guarda o ascolta. Mi ha aiutato a semplificare, a organizzare.
Ti dico la verità, Sabrina. Di te so poco, ma mi basta per adorare (letteralmente) il tuo lavoro.
Per esempio, i tuoi quaderni sono esattamente quegli oggetti che vorrei avere in casa. Mi piace pensare che te li porti dietro, e lasciandoti ispirare da qualcosa scrivi tutto al volo, ma magari non è così e sono strutturati e studiati al millimetro, tavolozza Pantone compresa nel progetto.
Grazie!
I miei quaderni sono esattamente quel che sembrano, appunti disegnati sul momento, senza essere studiati e progettati. Anche i testi tutto è scritto sul momento. Non li ho mai disegnati a casa o a studio, con calma, altrimenti mi sarei annoiata, il gioco è bello se fatto sul posto. I quaderni di viaggio sono delle polaroid di quel che sto pensando e provando in quel momento: li ho disegnati in piedi in mezzo a una visita guidata sperando che quel turista laggiù si spostasse finalmente dalla finestra per disegnare meglio, con le gomitate di quelli vicino, in metropolitana, in fila, seduta per terra in una piazza o a un tavolino di un bar, o accovacciata per la gioia dei miei quadricipiti. Se mi segnassi le impressioni e li completassi a casa, con calma, mi sembrerebbe di prendere in giro chi legge ma anche me. L’unica cosa che faccio con più calma (in macchina se non guido, in metro, in pullman, in albergo) sono i fronzoli dorati che mi piacciono tanto.
Infatti spero sempre di non scrivere cavolate o fare errori grossolani di ortografia! Una volta concluso il viaggio pure il quaderno è concluso e lo ripongo nella libreria. Attualmente ho un quaderno immacolato che attende il prossimo viaggio.
Disegnando su taglieri e sui quotidiani, dimostri che la fantasia può entrare nella quotidianità colorando le nostre giornate. Da quanto tempo porti avanti il progetto “La Meraviglia”? Cos’è per te la meraviglia?
Si la fantasia può e deve entrare nelle nostre giornate. Non mi piace l’arte lontana, irraggiungibile, mi commuove quella vicina, quella che morsica un pezzo di realtà e se la porta via per costruire qualcosa d’altro. L’idea dei disegni su quotidiani è proprio quello, dare una vita nuova a un quotidiano dopo che la sua utilità è finita, creare una nuova storia di fantasia dalla Storia.
La Meraviglia è un progetto che porto avanti più o meno da un anno.
Se inizio a parlare della Meraviglia divento logorroica per cui proverò ad essere sintetica!
La Meraviglia deve essere uno strumento che usiamo per arrivare ad altro, uno strumento allenato ed affinato, tipo una lente di ingrandimento, per riconoscere quel che intorno a noi è bellezza e salvaguardarla, aiutarla a crescere. Pure qui la bellezza non la intendo come un canone estetico, come una cosa fine a sé stessa; la bellezza per me è qualcosa che mi riempie gli occhi e mi fa stare bene, che migliora la mia giornata e quella delle persone intorno a me. La bellezza sono i centri storici delle città da riscoprire, sono le case vecchie e vissute, le crepe nei muri che nascondo storie, sono i gesti delle persone buone, sono i fiori che sbocciano prepotenti, sono le idee propositive.
La Meraviglia è quel sentimento che ci fa fermare di fronte al bello, ci fa capire che quella cosa, quell’idea, quel pensiero vale e ci permette salvaguardarlo, farlo crescere, perché la bellezza va protetta, nutrita e curata. La bellezza è come una pianta piccola che deve essere aiutata a crescere.
La Meraviglia ci aiuta a non rassegnarci al brutto, ai rapporti sterili, alle parole dette così per dire, ai ristoranti nelle zone industriali.
Per far questo molte volte cerco foto di zone degradate e ci disegno sopra trasformando un’area industriale in una situazione buffa, trovando delle giraffe, dei leoni laddove c’è solo cemento. Oppure disegno degli esercizi di meraviglia per disegnare sulle nuvole, per giocare coi biscotti. In questo modo vorrei portare le persone a interrogarsi su quel che hanno di fronte, stimolarle a cercare nuovi utilizzi della quotidianità, nuovi punti di vista, chiedergli di essere esigenti, di non rassegnarsi all’incuria, al cemento, alla povertà di sentimenti ma di inventarsi un modo per migliorare gli spazi che hanno intorno e i loro rapporti.
I tuoi disegni sono intelligentissimi, hanno uno stile raffinato, elegante e definito. Da chi ti lasci ispirare? Quali sono i tuoi riferimenti stilistici o gli artisti che maggiormente apprezzi (anche se non intervengono nel tuo lavoro)?
Ancora grazie, mi piace l’arte, mi piacciono i colori, mi piace chi mi trasmette molta emozione. Mi piacciono i fauves, mi piace Chagall, Modigliani, l’Espressionismo tedesco, Klee. Mi lascio ispirare dal mondo dei fumetti ma anche dalla realtà, che è una gran maestra. Mi piace il tratto sintetico eppure espressivo di Hugo Pratt, Emanuele Fior, Gipi, Pazienza. Mi piace Alberto Madrigal e il tratto sottile sottile. Le stampe giapponesi. I disegni dei bambini che mi fanno, letteralmente, impazzire. Mi piace Keri Smith e ogni suo lavoro, il suo modo bambino e intelligente di investigare il mondo.
In bianco e nero è un’idea ambiziosa. Sei bravissima a giocare con i colori, e la gente si aspetta anche questo da te. Finché non viene fuori un disegno magnifico e inaspettatamente cupo. Vuoi trasmettere un messaggio diverso oppure sei solo investita da diverse emozioni?
Credo la secondo cosa. Sinceramente non lo so, anche io mi sarei aspettata di giocare coi colori eppure disegno in bianco e nero. Amo i gatti ma ho un cane. Non saprei.
Sicuramente ho iniziato a disegnare in bianco e nero per concentrarmi sul tratto, togliere elementi è il modo migliore per capire alcune cose. Se una persona vuole capire come disegnare non può perdersi dietro ai colori, sono tanti, sono belli, confondono. Avevo bisogno di diminuire le possibilità. Volevo lavorare sull’essenzialità, sul riuscire a usare pochi tratti per descrivere qualcosa, possibilmente creare degli incastri di persone, trasmettere sensazioni ed emozioni attraverso una comunione di linee. Così ho iniziato a lavorare in bianco e nero, prima con il pennino e la china, poi con il carboncino. Mi sono affezionata, mi piace molto ma pure io mi chiedo spesso come mai sto disegnando in bianco e nero. Ultimamente ho iniziato ad avvicinarmi ai gessetti ed ho scoperto un mondo di colore che posso usare, sono ancora frastornata.
Tu non sei solo un’illustratrice, scrivi anche molto bene e questo ti completa. Quale sfera senti più tua?
Sicuramente l’illustrazione, mi trovo più a mio agio ed è il campo che coltivo da quando sono piccola. La scrittura è un amore recente, abbiamo ancora tante cose da dirci, dobbiamo conoscerci, studiarci. Trovo la scrittura molto bella, crea una piccola vertigine ma anche molto faticosa. Spesso ci metto una infinità di tempo per riuscire a dire esattamente quel che voglio dire, però amo le parole, come si combinano fra loro. Alle volte scrivere mi aiuta a chiarire un pensiero e a sua volta a creare un’immagine, quindi capita che diventi un rapporto circolare.
Nel tuo sito compaiono due progetti editoriali, immagino siano parte del tuo orgoglio perché rappresentano un passo importante nella tua crescita professionale. Ce ne vuoi parlare?
Si sono molto orgogliosa, questi lavori sono sicuramente un passo importante per me e spero non l’unico. Sono il frutto di tanto lavoro, tanti sogni e ancora mi commuove vederli. Il lavoro di cui sono più orgogliosa è la guida per bambini della città di Milano “La mia Milano” scritta da Martina Fuga e Lidia Labianca, due donne eccezionali. Pubblicata da Electa Kids da poche settimane spero che abbia tanta fortuna e che sia solo la prima di tantissime guide (sto volando alto!).
Per La mia Milano ho disegnato le illustrazioni, ho creato un font ad hoc e mi sono occupata anche dell’impaginazione. L’idea delle autrici è molto bella, è quella di dare ai bambini non solo una guida della città ma uno spazio di lavoro da personalizzare, stropicciare, scarabocchiare. La guida diventa uno strumento per conoscere un posto, per “assaggiarlo”. Dentro ci sono molti esercizi, spazi per disegnare, tutorial di disegno di dinosauro, di cavallo, ci sono le istruzioni per costruire un aeroplano perfetto (e lo so perché l’ho costruito mille volte per verificare la cosa) e un castello sforzesco da riempire di abitanti. Ci sono degli spazi in cui poter attaccare i biglietti del tram e le foglie trovate a parco sempione. La mia Milano è davvero pensata per i bambini e per lasciargli spazio. Non vedo l’ora di poterne vedere qualcuna riempita dai bambini.
L’altro progetto editoriale è un gioco allegato al libro “la verità, vi spiego, sull’amore” scritto da Enrica Tesio e pubblicato da Mondadori. Io ho fatto tantissimi disegni per il blog di Enrica e un giorno le avevo proposto di fare una sorta di gioco dell’oca adattato alle mamme, così è nato il Mammopoli, una lunga corsa nella giornata di una mamma. Poi Mondadori ha pensato di inserirlo all’interno del libro come simpatico gadget. Un altro lavoro a cui sono molto affezionata sono I Dodini, libri personalizzati per bambini in italiano e inglese in cui i bimbi diventano protagonisti. Io ho illustato il volume “Chi è caduto nel libro di fiabe”.
Alle volte, quando scrivi, sembra che la tua sensibilità si pieghi e torni quella di quando eri bambina. Uno stile semplice e diretto, che vien fuori anche nel disegno. Cosa ti ha portato a fare questa scelta? Il linguaggio “dei grandi” è troppo per spiegare le cose più piccole?
Per me è l’unica metodologia di lavoro che so usare quindi non posso parlare proprio di una scelta. Sicuramente mi piace il modo di vedere e di osservare dei bambini, ho 3 nipoti e mi ha sempre affascinato vederli conoscere il mondo, c’è un interesse e un’attenzione rari per quel che ci circonda da piccoli, c’è anche una prospettiva in divenire, ancora poco strutturata che permette di essere originali.
Probabilmente mi piace Calvino per lo stesso motivo, perché scrive in modo semplice, senza grandi giri di parole ed è sempre molto preciso in quel che dice. I bambini sono curiosi e non hanno vergogna di chiedere, hanno domande precise e puntuali e voglia di apprendere. Crescendo a volte buttiamo fumo negli occhi, ci nascondiamo dietro grandi questioni, grandi principi che poi, se vengono smontati, non sono fatti di molto. Sarà perché sono io stessa semplice, sono composta da cose semplici.
Adesso dicci: da chi hai preso i tuoi occhi e la tua attitudine per il disegno?
In famiglia non disegna nessuno quindi non saprei proprio. All’asilo aspettavo impaziente l’ora del disegno, che io mi ricordi non c’è stato nessuno a spronarmi o incoraggiarmi, è stato naturale, però mio padre ha una grande sensibilità per la natura e per le piccole cose che ci circondano, credo di aver preso la predisposizione all’osservazione da lui.
La domanda inutile che tocca a tutti, prima o poi: che musica ascolti mentre disegni?
Dipende un po’ dal momento, ultimamente mi sto concedendo grandi quantitativi di radio tre e musica classica, alternano letture di libri a interviste e concerti di cui capisco poco ma ne rimango affascinata.
Tempo fa sentii Stravinkij con l’uccello di fuoco, mi piacciono le fiabe russe e conosco abbastanza il comportamento dell’uccello di fuoco che va nel giardino del Re a mangiargli i frutti. Poi dobbiamo tener conto che l’uccello di fuoco è una preda, molta gente lo vuole catturare mentre lui vorrebbe solo depredare i frutti migliori. Ho iniziato a sentire questa musica così simile al saltellio di un uccello e me lo sono proprio immaginato, un pennuto ghiotto di semi e frutta che entra goloso nel giardino più bello, fregandosene altamente de Re. Me lo vedo mentre becchettare, grande, con le piume roventi, dorate, rosse che dice “bono bono, grazie Re”.
Per me la musica è immaginazione ed essendo totalmente priva di ogni talento musicale rimango estasiata di fronte a quello degli altri.
Poi mi piace ascoltare Max Gazzé ma anche molto i testi del Management del dolore post operatorio e Capossela.
Quali fumetti leggi?
A 15 anni leggevo moltissimi manga, Ranma 1/2, Maison Ikkoku il mio idolo, Lamù, Video Girl Ai, Salva la mia terra a 34 mi piacciono i lavori autorali, mi piace Gipi che ha il potere di raccontare storie come un pugno nello stomaco, i lavori di Sualzo, Alberto Madrigal, Hugo Pratt, Pazienza, Zerocalcare, il grandissimo Leo Ortolani, Emanuele Fior.